Autori

Tullio Mariani è nato nel 1947 a Sant’Elpidio a mare, anzi più precisamente a Casette d’Ete, allora paesino marginale di una provincia marginale in una regione marginale, oggi divenuto centro produttivo di livello mondiale senza spersonalizzarsi del tutto. Scelse, nel 1960, studi scientifici, perché irretito dai miti della tecnologia salvifica, o perché per il figlio di un calzolaio gli studi classici erano, almeno allora, una scommessa eccessiva. Nel 1965 si trasferì a Pisa per gli studi universitari. Collezionò il biennio di Fisica, il biennio di Filosofia aggiungendo esami vari di altri corsi di laurea, poi tentò un approccio più serio: si ritirò dagli studi, con lo sterile orgoglio di non essere mai stato respinto a un esame.
Dagli anni ’70 lavora per il Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa, dapprima in Genetica e Citogenetica, passando poi alla Biofisica e infine alla Fisica applicata, con qualche incursione nella Statistica e nella progettazione elettronica analogica, collezionando qualche decente pubblicazione un po’ in tutti gli ambiti. Problemi di salute lo hanno costretto nel 2013 a un pensionamento non desiderato.
La sua affezione alla poesia cominciò da bambino, quando gli amici del nonno materno, vecchio socialista, portavano in casa i libri per farseli leggere, e il ritmo dell’endecasillabo gli persisteva in testa anche quando le parole erano scomparse oppure non erano neanche state comprese, e questo era magia, come quando alla radio si sentiva la musica di una canzone senza le parole. Poi arrivò la scuola, con le maestre che esigevano che si facesse tutto il possibile per mascherare e confondere ritmo e metrica, quando non la prosodia naturale. E cominciò la fuga. Alle medie, l’incontro con le splendide traduzioni in endecasillabi di Iliade e Odissea riaccesero la fiducia, che per qualche tempo resse anche alle superiori, fino a quando non giunsero insegnanti che lo interrogavano sulla musicalità dei sonetti del Tasso senza mai averne fatto leggere, o meglio ascoltare, nemmeno uno. E alla domanda su cosa si intendesse per musicalità reagivano imbelviti. Fu la fine.
Solo in età matura la rappacificazione, dopo il contatto con una lingua simile alla nostra ma distinta. Leggere in originale i versi di Cervantes, Quevedo, Manuel e Antonio Machado, Garcìa Lorca e, per concludere, l’immenso Borges, gli fece sentire di nuovo che ignorare parte delle parole non toglie alcunché alla poesia, purché si tratti di poesia e non di prosa con gli a capo dove pare visivamente o logicamente bello. Una figlia d’autunno per la quale osò comporre i primi versi lo spinse al presuntuoso azzardo di scrivere, e la vittoria in qualche premio letterario lo istiga a perseverare. Questo è il suo primo libro, sarà probabilmente anche l’ultimo, essendo l’autore convinto che si deve aver letto almeno cento volte più di quanto si vuole scrivere.

In tarda stagione
Mariani Tullio
11,00 €

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